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Memora sulla fondazione della Rete Bioregionale Italiana

Riserva Naturale Monte Rufeno: Punti d'interesse

La Rete Bioregionale Italiana è nata nella riserva naturale di Monte Rufeno ad Acquapendente (Vt) nella primavera del 1996. Il sottoscritto risulta tra i fondatori del consesso. Essa si pone come “terreno comune” per gruppi e singole persone, al fine di condividere idee, informazioni, esperienze, progetti ed emozioni, onde sviluppare forme e pratiche – culturali, sociali, spirituali, politiche ed economiche – appropriate di vita in armonia con il proprio luogo, la propria bioregione, con le altre bioregioni e il Pianeta Terra.

Prosieguo:

Alcuni amici mi hanno chiesto di esporre alcuni pensieri bioregionali per dare informazioni generali sul “bioregionalismo” da divulgare in giro e per invitare le persone all’incontro “rifondativo” di San Severino Marche del 30 e 31 ottobre 2010. Lo definisco “rifondativo” visto che diverse persone che assieme a me fondarono la Rete Bioregionale Italiana si sono recentemente “dimesse”. Ho perciò pensato, a mò di cronistoria e spiegazione, di inserire i due testi che seguono…

Il bioregionalismo e l'ecologia profonda in pratica – Se ne parlerà a  Tivoli il 20 e 21 giugno 2020 | Notizie in Controluce

Il primo é la carta degli intenti della Rete Bioregionale Italiana:

Bentornati a Casa!

Una bioregione è un luogo geografico riconoscibile per varie
caratteristiche: clima, suoli omogenei, specie vegetali e animali,
bacini idrografici nella loro integrità, versanti montani, eccetera,
ma anche le culture umane, considerando in particolare quelle prodotte
da popoli che da tempo immemorabile hanno saputo convivere in armonia
con tutto questo.

Per bioregionalismo si intende la volontà di ri-diventare nativi
del proprio luogo, della propria bioregione. Possiamo fare tutte le
scoperte possibili, usare la tecnica, la scienza; possiamo andare
sulla luna e comunicare via satellite, ma alla base della nostra
sopravvivenza fisica, psichica e spirituale ci sono questi alberi,
queste erbe, questi animali, queste acque, questo suolo del luogo dove
viviamo. L’evoluzione sociale e tecnologica è ecologicamente
compatibile solo su “piccola scala”, localmente e ancorata ad una
visione olistica del sapere.

L’idea bioregionale consiste essenzialmente nel riprendere il
proprio ruolo all’interno della più ampia comunità di viventi e
nell’agire come parte e non a parte di essa, correggendo i
comportamenti indotti dall’affermarsi di un sistema economico e
politico globale, che si è posto al di fuori delle leggi della natura
e sta devastando, ad un tempo, la natura stessa e l’essere umano.

Il bioregionalismo si rifà ai principi ecocentrici , riconoscendo
che l’equilibrio ecologico esige una profonda trasformazione nella
percezione che abbiamo come esseri umani riguardo al nostro ruolo
nell’ecosistema planetario. Questa consapevolezza non è qualcosa di
completamente nuovo, ma affonda le sue radici negli antichi saperi dei
popoli nativi in ogni parte del mondo e nelle grandi tradizioni
spirituali occidentali e orientali.

Il modo più appropriato per iniziare a ri-abitare non è
attraverso leggi o regolamenti imposti, ma ponendosi in prima persona
in relazione al luogo in cui si vive: scoprendone i significati, gli
scambi, individuandone i contorni, dedicandosi ad attività sostenibili
con la propria bioregione.

L’idea bioregionale, punta ad inserirsi nelle pieghe della
società; per riuscirci diverse possono essere le modalità, i linguaggi
e le forme, ma, al di là delle differenze, ciò che accomuna i
bioregionalisti è la consapevolezza di essere parte di un insieme
senziente.

L’idea bioregionale è ispirata dai sistemi naturali e selvatici;
per sua natura, pertanto, si esprime attraverso la forma decentrata.

Nell’introdurre questo concetto, si richiede la sensibilità di
esporlo in modo che ogni persona, gruppo o realtà sociale lo senta
proprio e nel proprio luogo si organizzi per radicarlo.

Bioregionalismo Treia •: Una memoria storica sul percorso della Rete  Bioregionale Italiana

Ed il secondo testo é una memoria personale sulla mia partecipazione alla Rete:

“Né a destra né a sinistra… e nemmeno al centro!” (Saul Arpino)

Sapete che sono nato l’anno della Scimmia, e tutti dicono che la
scimmia è un animale dispettoso. Ma non è vero, ve l’assicuro, solo
che la scimmia vuole scoprire le reazioni degli altri, la verità che
si nasconde dietro le apparenze, ed è per questo che gioca tiri
birboni a tutti quanti e li sfida in mille modi, per capire come
reagiscono e come si manifestano nelle situazioni particolari.

Essendo questa la mia prerogativa va da sé che tutte le situazioni in
cui mi son venuto a trovare comprendevano risvolti machiavellici in
cui saggiavo il terreno dei compartecipi al gioco della vita.

Ciò è avvenuto anche con i membri della Rete Bioregionale Italiana,
quelli che vengono definiti –solitamente- i più ecologisti fra gli
ecologisti, il massimo dei massimi nella consapevolezza ambientale. Ma
sarà poi vero? Di certo posso dire che alcuni suoi membri sono persone
oneste e sincere e non si atteggiano a “santoni dell’ambiente”, ma
altri soccombettero alle mie pesanti trovate… e restarono nudi sotto
il mio sguardo imparziale e crudele.

Già alla riunione fondativa della Rete, ad Acquapendente, compii diversi magheggi. Dovete sapere che conobbi il bioregionalismo (Nota 1- come termine ben inteso, in quanto si tratta semplicemente di considerarsi parte integrante del territorio e
del contesto vitale in cui si vive, che è un principio antico ed universale) prima dalle pagine di Frontiere di Edoardo Zarelli (che successivamente fu esautorato perché di matrice destro-etno-europeista mentre nella Rete prese il sopravvento il ramo americanista di Snyder, Berg, etc.) e successivamente tramite l’amico Stefano Panzarasa e l’allora sua compagna Jacqueline Fassero. Essi mi invitarono all’incontro
fondativo che era stato indetto da Zarelli (poi scomparso dalla scena) informandomi però che durante l’incontro della “crema degli ecologisti italiani” non avrei dovuto parlare di vegetarismo, perché molti di loro erano contrari, e soprattutto non avrei dovuto coinvolgere le istituzioni, perché la maggior parte erano fricchettoni.

Promisi di attenermi alle direttive ma come potete immaginare non lo feci affatto.

In primis: invitai l’allora presidente della Provincia di Viterbo
(della quale Acquapendente è un comune), Ugo Nardini, che
nell’imbarazzo, considerando il gelo con il quale fu accolto, profferì
qualche parola di saluto e buon auspicio e se ne partì. In secundis:
quando fu il mio turno di intervenire nel cerchio dei convenuti, feci
un accorato discorso sul salvataggio della terra che è possibile solo
se si rinuncia agli allevamenti intensivi ed all’uso smodato di carne.
Ricevetti molte critiche e non volendo creare separazioni me ne partii
la sera stessa, dopo una cena alquanto insapore, lasciando come miei
rappresentanti Claudio Viano e la sua compagna Daniela, entrambi
vegetariani convinti. Essi non poterono inserire alcuna istanza
vegetariana ma fecero del loro meglio per ammorbidire ed accorciare il
documento d’intesa (vedi testo soprastante) che doveva essere approvato e che all’inizio constava di parecchie pagine, ora è ridotto ad una mezza paginetta
(forse ancora troppo essendo il succo quanto da me affermato nella nota 1).

Comunque in seguito inviai due lettere formali di adesione alla Rete,
una a nome del Circolo vegetariano VV.TT. (ramo culturale, vegetariano
e spiritualista) e l’altra a nome del Punto Verde Calcata (ramo
politico laico). Poi iniziai la battaglia interna, tanto per
cominciare avviai un discorso di attuazione bioregionale partendo
dalla riaggregazione delle Regioni in nuovi ambiti amministrativi,
prendendo ad esempio l’identità culturale ed ambientale della Tuscia
od Etruria, che poteva fungere da esempio di un nuovo modello di
bioregionalismo applicato agli ambiti omogenei. In questa battaglia
fui lasciato quasi da solo, poiché molti altri bioregionalisti
preferivano occuparsi di agricoltura e vita in campagna.
All’inizio solo alcuni amici “intellettuali”, come Pietro Toesca, Aurelio Rizzacasa,
Alessandro Curti, Fulvio di Dio ed altri mi seguirono in questo filone.

Poi tentai un nuovo approccio laico applicato all’ambiente. Sino
allora gli ambientalisti si consideravano di sinistra e ciò comportava
una sperequazione, ponendo l’ecologia in un settore che doveva invece
esserne esente. Compii questa operazione allorché dapprima invocai la
collaborazione dell’allora presidente della Regione Lazio, Piero
Badaloni, che partecipò ad un convegno sul tema bioregionale, da me
organizzato a Sant’Oreste, assieme a vari assessori e consiglieri, di
cui ora ricordo Bonadonna (PRC), Daga (DS) e Bonelli (Verdi). E fin
qui non ricevetti critiche di sorta dai miei co-membri, anche se
nessuno d’essi si degnò di partecipare al convegno (considerato troppo
ufficiale).

Poi successivamente quando organizzai un incontro annuale della Rete a
Calcata (sul tema dell’economia sostenibile) ed erano presenti gran
parte dei capi-rete, durante il convegno nella sala consiliare del
Comune ci fu -da parte dell’allora sindaco Luigi Gasperini- la lettura
del patrocinio concesso e del saluto dell’allora presidente regionale
Francesco Storace (sì proprio lui) e qui le facce di molti “compagni”
bioregionalisti si fecero “nere” (si fa per dire..) ed alcuni si
rifiutarono di fare un intervento in quel consesso, dominato tra
l’altro da un numero incredibile di vegetariani ed animalisti. Quella
volta, dopo il pranzo finale di commiato al Tempio della Spiritualità
della Natura, la vidi brutta e sentii quasi il venticello della
scomunica su di me… mi salvò solo l’intervento con invito al
sincretismo di mia sorella Daniela, che aveva lavorato indefessamente
al servizio della causa per due giorni.

Ora potrai continuare a raccontare quanti altri “dispetti” ho fatto a
questi benedetti membri della Rete, ma ve li lascio immaginare…. e chiudo.

Paolo D’Arpini – bioregionalismo.treia@gmail.com

L'idea bioregionale e la Rete Bioregionale Italiana -  politicamentecorretto.com

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