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Canapa o cannabis…?

 

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Sia la “cannabis indica” che la “canapa sativa” fra di loro si fecondano e si mescolano. Un po’ come succede nell’accoppiamento fra un nero ed una donna bianca. Possono prolificare  e ciò dimostra che sono della stessa specie. Esiste la selezione naturale e la selezione artificiale ma se la natura è lasciata a se stessa alla fine la canapa si adatta semplicemente al clima ed alla latitudine. Infatti la canapa coltivata in Italia per centinaia o migliaia di anni era una pianta completamente adattata al clima ed alla latitudine dell’Italia. Dal che se ne deduce che se prendi i semi della cannabis indica e li pianti in Italia nel giro di qualche generazione le piante si adatteranno al clima ed alla latitudine italiana, ovvero produrranno una quantità inferiore di resina rispetto alle consorelle coltivate in India…

…la canapa, in se stessa -come pianta- non è “droga”, infatti facevo l’esempio dell’uva per spiegare che a seconda di dove viene coltivata produce più zuccheri. La canapa in Italia è stata coltivata per millenni e fino a 60 anni fa era una pianta comune e nessuno ha mai rilevato che fosse “uno stupefacente”. Mentre se avviene la legalizzazione, come prospettato dai parlamentari antiproibizionisti, allora sì che venderanno “droga” con il bollino dello stato sopra, né più né meno come oggi fanno con i liquori e con il tabacco…

Nota bene si parla di cannabis, non di canapa, e di “legalizzazione”. Il che lascia intendere che si vuole regolamentare l’uso e la coltivazione di una “sostanza” da immettere nel mercato con il bollino dello stato sopra, come succede con gli alcolici e con le sigarette. Alcuni deputati di fazione estrema hanno poi aggiunto al mazzo anche la legalizzazione della prostituzione, quindi completando la partita di “sesso droga and rock and roll”.

Ma – secondo me – non dovremmo parlare di legalizzazione bensì di liberalizzazione e non chiamarla cannabis, marijuana ecc, dandogli l’accezione di “droga”, ma chiamarla con il suo nome comune: canapa. Solo la canapa esiste, un’unica pianta che a diverse latitudini e climi ha proprietà diverse, esattamente come l’uva (come scritto nel mio articolo: Canapa, pianta salvifica, perché fu proibita in Italia?   (https://www.terranuova.it/News/Agricoltura/La-canapa-bioregionale-non-e-droga)

Finché la canapa bioregionale non potrà ritornare libera nei nostri campi e giardini, assieme a tutte le altre piante medicinali, alimentari e di varia natura, non potremo mai attuare una sana ecologia botanica.

Quando ancora vivevo a Calcata, nella Valle del Treja, in un terreno denominato “Tempio della Spiritualità della natura”, lasciavo che la vegetazione si esprimesse liberamente e senza alcun mio intervento ed ho potuto così osservare la crescita spontanea di varie piante considerate “velenose” o allucinogene, come ad esempio lo stramonio ed i papaveri decorativi, ecc. Tra l’altro anche a Treia, dove ora risiedo, fino agli anni ’50 del secolo scorso (in cui subentrò la proibizione) era consuetudine coltivare la canapa, vista anche la vicinanza del fiume Potenza che ne facilitava la lavorazione. 

Ed inoltre c’è da considerare che  prima dell’avvento del tabacco la canapa non veniva fumata al massimo veniva utilizzata per farne tisane calmanti e, come i semi del papavero in Sicilia,  serviva a preparare dolcetti per “tener tranquilli i bambini”, o in erboristeria come integrativo, ecc.

Purtroppo con il consumismo e l’americanismo, la conoscenza che un tempo accompagnava queste piante prodigiose è quasi scomparsa. E non appena la conoscenza di una pianta viene riportata alla coscienza – per esempio, non appena qualcuno decide di incidere la testa di un papavero da oppio per farne uscire il lattice – ricompare anche il tabù. Fatto curioso, coltivare Papaver somniferum per uso decorativo è legale, a meno che ciò non sia fatto con la consapevolezza di coltivare una droga: allora come per magia, lo stesso, identico atto fisico diviene il reato di “produzione di una sostanza controllata”. A quanto pare, l’Antico Testamento e il codice penale associano entrambi piante proibite e conoscenza.

Per fortuna la coltivazione dell’uva e del luppolo, trasformabili in sostanze inebrianti (vino e birra), e dell’iperico (un antidepressivo), camomilla e valeriana (entrambe blandi sedativi) non è ancora proibita (anche se qualcuno ci sta pensando)…

Per tutte queste ragioni non sono affatto d’accordo sulla “legalizzazione” della “cannabis” ma sono assolutamente favorevole alla libertà di coltivazione e di spontanea crescita di ogni pianta che la natura ha creato. Soprattutto se tali piante possono avere una funzione di utilità, donare benessere e disinquinare anche i terreni, come ad esempio può fare la canapa. Apprendere poi il suo corretto uso  – come avviene per qualsiasi altra erba o sostanza naturale – è più un fatto di “educazione e conoscenza” che di “regolamentazione”, poiché la dipendenza la da un cervello portato alla dipendenza, all’alcool, al sesso, alla coca cola… non la pianta in sé.

Paolo D’Arpini  – Rete Bioregionale Italiana

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