Continuando il lungo discorso sul ritorno alla terra in chiave bioregionale a questo punto è necessario che io parli della reale condizione del nostro ‘orto/giardino bioregionale’ di Treia, trattasi di un orticello urbano in cui sperimentare un diretto contatto con la natura e con le piante.
Teoricamente coltivare un orticello urbano una attività ancora molto sentita nella realtà rurale di Treia, dove ancora si pratica la cura dell’orto, infatti l’escursione erboristica da noi svolta il 27 aprile 2025, nell’ambito della Festa dei Precursori, si è tenuta proprio in un grande orto/giardino adiacente l’abitazione (situata sotto le mura) dei nostri amici Simonetta e Fernando. Dove la natura è rigogliosa e non c’è inquinamento le erbe commestibili crescono da sé asieme a qualche ortaggio.
Parlando in termini di agricoltura ‘naturale’ poniamo l’esempio della cura rivolta alla prole, che si manifesta con l’incoraggiamento alla crescita e non con la coercizione, allo stesso modo poniamoci verso le risorse che madre terra offre.
In termini di agricoltura bioregionale ciò significa prima di tutto rendersi consapevoli di quello che spontaneamente cresce nel posto in cui si vive.
Questo iniziale processo di osservazione, o accomunamento alla terra, è necessario per scoprire quante erbe e frutti commestibili son già disponibili, cresciuti in armonia organolettica con il suolo e quindi
esprimenti un vero cibo integrato per chi là vive.
L’accurata analisi del semplicista Andrea Giavara che ci accompagnava ha consentito l’immediata individuazione con spiegazioni sull’utilizzo dei vegetali spontanei utili per arricchire la dieta giornaliera, solitamente limitata a poche specie reperibili al mercato (sia pure coltivate in modo biologico).
Ma il passo successivo è quello di sperimentare direttamente in un nostro orticello od anche su una terrazza adibita aalle coltivazioni casalinghe l’inserimento di erbe spontanee, oltre alle piante coltivate, che siano in sintonia.
Questa graduale promozione ovviamente non può essere fatta con l’occhio distaccato di un botanico o di un tecnico agricolo ma va accompagnata da una reale presenza e compartecipazione al luogo, in modo da trarne occasione per un riconoscimento di appartenenza e condivisione (con la vita ivi presente) divenendo in tal modo noi stessi cooperatori della natura e suoi custodi.
E’ una convergenza, una osmosi, che si viene pian piano a creare fra noi e l’ambiente ed è anche la base della produzione di cibo vero (per uomini veri) che non va però relegata alla sola categoria dei contadini ma vista come la premura di ognuno.
E’ un atteggiamento di consapevolezza alimentare. Infatti il mio consiglio è quello di intraprendere piccole coltivazioni casalinghe ovunque sia possibile, nel giardino dietro casa o sulla terrazza di un condominio, e di approfittare di ogni passeggiata per cogliere delle erbe commestibili, in modo da spezzare la totale dipendenza dal cibo fornito dal mercato, rendendoci così responsabili -sia pure in minima parte- della nostra alimentazione. E’ un aspetto essenziale della cura per la vita quotidiana e della presenza consapevole nel luogo.
Personalmente ho cominciato ad occuparmi di attività ecologiste, vegetariane e di spiritualità a partire dal 1973, facendo esperienza in vari luoghi dell’India (Ashram e comunità rurali) e dal 1977 a Calcata, in provincia di Viterbo, ed ora continuo la pratica a Treia, in provincia di Macerata.
Nel nostro orticello di Treia insistono 4 piante di olivo, un melo, una angolo coltivato a topinambur, un piccolo melograno, finocchiella e tante piante selvatiche commestibili.
A questo punto mi sembra ‘opportuno’ trasmettere la
conoscenza acquisita a quelle persone ‘esterne’, interessate a questo tipo di ricerca, volendo con ciò sviluppare quelle attività ecologiche, bioregionali e spirituali sinora portate avanti.
Paolo D’Arpini – Rete Bioregionale Italiana: bioregionalismo.treia@gmail.com