Natura, animali e uomo… e ritorno alla selvaticità interspecista…
Qualche animalista antispecista si pone il problema, il dubbio, sull’opportunità o la possibilità del ritorno alla selvaticità degli animali abituati per millenni alla convivenza e dipendenza dall’uomo, il che pone problematiche serie di sopravvivenza (ad esempio come faranno a sopravvivere gli animali da allevamento od i cani da salotto?, ecc.).
Però, questa evenienza potrebbe configurarsi nel caso di un crollo della civiltà umana, dovuta a guerre, ad esempio, o al definitivo degrado ambientale, ma non credo possa rappresentare una “soluzione” perseguita scientemente in forma di esperimento.
Persino per la nostra specie alcuni suggeriscono il ritorno al “primitivismo”, prospettato come metodo di salvezza (per l’uomo che abbandona ogni forma di civiltà tecnologica che lo rende passivo usufruitore del sistema), ma questa opzione ha molti aspetti poco rassicuranti per il mantenimento della capacità intellettiva della specie.
L’acquiscenza al consumismo passivo, alla virtualizzazione ed all’incapacità di provvedere direttamente a noi stessi sta conducendo la nostra civiltà non solo al declino morale ed alla tendenza alla rapina ma anche all’indifferenza verso la distruzione dell’habitat e di conseguenza si prospetta un crollo dell’intelligenza e delle capacità di solidarietà comunitarie che sole consentirebbero la sopravvivenza.
Purtroppo l’uomo è regredito lasciandosi andare per pigrizia e desiderio di comodità ad uno stato di cose che comporta la distruzione delle risorse, l’inquinamento, la perdita di nervo e di adattabilità alle nuove situazioni (che potrebbero subentrare in caso di un rovinoso cataclisma o guerra atomica finale).
Di conseguenza occorre invertire il processo di degrado attuando pian piano quella “decrescita” che consentirebbe il recupero delle capacità di risposta perse. Quindi il problema non è solo quello di preoccuparsi della capacità di ritorno alla natura dei nostri “pets” od degli animali allevati nella presente sistema ma anche capire come un rapporto falsato tra uomo natura animali abbia indebolito la nostra specie ed anche gli animali a noi vicini. Andare sempre avanti se la strada è sbagliata porta a nessun posto, occorre tornare indietro… Ma come?
Secondo la mia esperienza di vita bioregionale, non eliminando il rapporto con gli animali ma portando quel rapporto su un piano di pariteticità e di “disintossicazione” dalle necessità emozionali, sostitutive dei sani rapporti tra umani. Tutto questo è possibile solo cambiando il nostro atteggiamento nei confronti della Natura e degli animali, attraverso un sano “interspecismo” e la considerazione che la nostra vita non è diversa dalla vita che ci circonda.
Ogni specie ha un suo ruolo nell’esistenza globale e non si può ritenere che un “aggiustamento utilitaristico” possa essere deciso sulla base di una “filosofia”. Questa la visione bioregionale e questa visione ha un valore ed un significato non se imposta da leggi ma se vissuta attraverso una personale crescita ed una propagazione cuore a cuore… indifferentemente dal luogo in cui si vive e dalle condizioni economiche e sociali. Anche fare delle esemplificazioni “sommarie” è superfluo perché le situazioni e le necessità di questo ritorno alla vita collettiva possono avere tempi e modi diversi.
Ognuno ha il suo posto nel contesto della vita e non si può decidere a priori di usare lo stesso metro per misurare le relazioni tra tutti gli esseri viventi e non. Possiamo osservare l’atteggiamento delle diverse specie fra loro e capire da ciò il significato del termine “interspecismo” bioregionale.
Paolo D’Arpini – Rete Bioregionale Italiana
P.S. Scrivevo in un precedente articolo (**) “L’uomo in questo ultimo secolo è divenuto il peso più grande per il pianeta Terra, siamo troppi ed inquiniamo tremendamente e rubiamo spazio al selvatico. Tutto ciò è innegabilmente vero, non posso però proporre soluzioni finali e sperare nell’armageddon, come molti illusi fanno, per risolvere il problema del mantenimento di una civiltà umana degna di questo nome.
Nell’ecologia profonda si indica sempre la condizione presente come base di partenza per il successivo cambiamento o riparazione…. considero però che questa società non potrà durare a lungo ed è bene che vi siano delle “nicchie” di sopravvivenza, dalle quali ripartire con nuovi paradigmi di civiltà in cui mantenere un equilibrio fra uomo-natura-animali (dice una poesia: o si salvano o si perdono insieme).
Anche se non è attualmente il mio compito specifico quello “di salvare il mondo” (”sed ab initium”) sento che è giusto evocare questa necessità. Siamo sul filo del rasoio e solo la vita potrà indicarci la direzione, al momento opportuno. L’idealismo non serve a nulla! Non vorrei esprimermi come il papa di una nuova religione, non ho assunto delle regole e dei comandamenti, le mie lettere son solo proiezioni di pensiero, aggiustamenti mentali per individuare nuove vie di uscita. Infatti a che servono i “principi” nella vita quotidiana, nella sopravvivenza quotidiana del giorno per giorno, salvando il salvabile senza rinunciare alla propria natura?….”
(P.D’A.)