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Le nuove frontiere dell’industria tessile ecosostenibili: dal ‘bambù’ alle ‘bucce di arancia’

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Ogni giorno indossiamo la nostra cara maglia, il nostro pantalone preferito (che ahimè va usurandosi troppo in fretta), le scarpe etc… Ma conosciamo cosa c’è dietro la produzione di questi indumenti? Quanto questo modello industriale impatta sulla salute dell’ambiente e dei consumatori e soprattutto quali alternative più ‘sostenibili’ oggi ci offre il mercato?

Quest’articolo è il risultato di un progetto condotto dal team della Long Term Economy intervistando circa 10 imprese impegnate nel settore della moda sostenibile. A breve verranno pubblicate le interviste effettuate.

 
 (a cura di  Grazia Giordano)
 
 
L’industria tessile: l’impatto ambientale e sui consumatori
 
L'industria tessile (la fashion industry) è una delle più redditizie e, allo stesso tempo, inquinanti della Terra. Produce un fatturato annuo di 1.500 miliardi di euro oltre un miliardo di vestiti all’anno. È un settore ad alto consumo idrico, ad elevate emissioni di CO2 e produce un’elevata massa di rifiuti. Per la sola produzione di abiti avvenuta nel 2015, l'industria della moda ha consumato circa 80 miliardi di metri cubi di acqua dolce, ha emesso oltre un milione di tonnellate di CO2 e ha prodotto 92 milioni di tonnellate di rifiuti.
 
L’insostenibilità ambientale della fashion industry non è limitata alla sola fase della produzione degli abiti ma si protrae anche durante il loro utilizzo e la fase di smaltimento. L’uso di fibre sintetiche - prima tra tutti il poliestere e l’elastam -  derivate dai combustibili fossili e di sostanze e tinte tossiche pone una grave questione di sostenibilità ecologica delle materie prime cui fa ricorso l’attuale industria tessile. Le fibre sintetiche e le sostanze tossiche continuano ad avere un gravissimo impatto ambientale anche a prodotto finito. Con il lavaggio, le fibre sintetiche rilasciano microfibre di plastica che finiscono per compromettere il delicato equilibrio degli ambienti acquatici e marini, interferendo direttamente col ciclo biologico dei pesci e, di conseguenza, con quello alimentare dell’uomo. Dopo il loro utilizzo, la dismissione di abiti così prodotti pone ancora un grave problema finale di smaltimento che può essere difficilmente fronteggiato e impone elevati costi economici ed ambientali.
 
I danni non sono solo per l’ambiente ma anche per la salute della persona. È di tutta evidenza che dall’uso di sostanze tossiche e di fibre non naturali non possa che derivare un abbigliamento nocivo perché danneggia il delicato equilibrio termoregolatore della pelle ed intossica giorno dopo giorno l’organismo attraverso il contatto con l’epidermide.
 
 
Una sostenibilità a 360°
 
L’attuale modello tessile basato sui principi dell’economia ‘lineare’ e sulla spinta all’esagerato consumo (fast fashion), contribuisce, pertanto, in modo rilevante all’impronta ecologica dell’uomo sulla terra, ovvero inquina il Pianeta e ne consuma le risorse naturali.  Occorre fornire una nuova impostazione produttiva ecologicamente orientata in grado di abbracciare un concetto di sostenibilità a 360° (che include gli aspetti ecologici, quelli sociali e quelli economici).  E bisogna farlo in fretta, perché, secondo le previsioni del Copenaghen Fashion Summit 2017, la produzione mondiale di indumenti è destinata ad aumentare del 63% entro il 2030.
 
Le nuove realtà eco-tessili, che stanno crescendo nel mercato e che si sono fatte portatrici dell’esigenza di sostenibilità nel settore moda, hanno effettuato una precisa e chiara scelta di campo che le ha portate a sostituire le fibre sintetiche con quelle naturali. Accanto al cotone biologico, che presenta un impatto ecologico molto inferiore rispetto a quello tradizionale, hanno impostato la loro produzione su fibre naturali innovative e maggiormente ecosostenibili, come la canapa, il lino, l’ortica, le fibre derivanti da alghe, il bambù, l’eucalipto, legno di faggio, il ricino e sull’utilizzo di sostanze e tinture atossiche certificate GOTS. Le piante da cui si ricavano le fibre naturali sono risorse rinnovabili, consentono un’alta resa, non necessitano di prodotti chimici né di irrigazioni artificiali per la loro crescita e conferiscono durevolezza e biodegradabilità alle fibre da esse prodotte. Il tessile ecosostenibile ha fatto proprio il concetto di sostenibilità integrale e lo ha dimostrato attraverso la valorizzazione del rifiuto come pregiata risorsa produttiva (lana riciclata, il nylon rigenerato e il pet new life).  
Aderendo a quest’ottica di riuso, alcune aziende tessili hanno sposato in pieno i presupposti dell’ ‘Economia Circolare,’ realizzando una stupefacente performance di ecosostenibilità attraverso la trasformazione di sottoprodotti agricoli destinati alla discarica, come le bucce degli agrumi, la vinaccia, le foglie d’ananas, in materiali tessili innovativi, pregiati e cruelty-free.
 
La sostenibilità non viene realizzata solo attraverso la selezione attenta di fibre naturali e riciclate ma viene posta attenzione anche ai procedimenti di estrazione delle fibre e di produzione dei tessuti, prevalentemente meccanici e a ciclo chiuso e ricorrendo anche a fonti di energia rinnovabili. Il tessile ecosostenibile valorizza il lavoro degli artigiani e delle comunità locali, privilegiando una filiera trasparente e tessuti fair trade.
Lo sviluppo di aziende tessili ecologicamente virtuose aiuta a correggere l’offerta del settore moda orientandola verso una maggiore sostenibilità, ma ciò non basta perché è necessario che anche i consumatori sostengano queste realtà compiendo scelte d’acquisto sagge e che lo Stato adotti misure coraggiose ed efficaci che promuovano, favoriscano e sostengano le aziende tessili sostenibili.
 
Promuovere le aziende tessili sostenibili significa valorizzare un modello produttivo giusto perché rispettoso del pianeta e delle sue risorse, e vincente perché è l’unico in grado di fornire soluzioni innovative, serie e responsabili all’inquinamento causato dal settore tessile.
 
 
Fibre emergenti e nuove realtà tessili ecosostenibili
 
Il principale elemento distintivo delle aziende tessili ecosostenibili consiste nell’utilizzo di fibre e materiali naturali e riciclati ottenuti con processi meccanici e tinture atossiche.
 
Alcune di esse, come I Am Bambù di Angela Maria Marchetti, Re-Bello di Daniel Sperandio, Rétro Eco À Porter’ di Manuela De Sanctis, Tu&Tu di Roberta Gentile, hanno strutturato la loro produzione sperimentando con creatività e peculiare sensibilità le qualità delle fibre tessili naturali e riciclate. Vediamole insieme.
I Am Bambù è un brand di moda ecosostenibile fondato da Angela Maria Marchetti nel 2010. Dalla passione di Angela Maria Marchetti per la pianta di bambù, è nata una linea di abbigliamento che utilizza fibre di bambù per produrre vestiti eco-friendly e dermocompatibili. Il bambù non necessita di prodotti chimici per la sua crescita. Da questo erbaceo viene ricavato il tessuto attraverso un processo meccanico certificato a ciclo chiuso. Questa lavorazione naturale garantisce al prodotto finito le caratteristiche del vegetale, quindi è strong & flexible, è duraturo ed elastico naturale, morbido, termoregolante, antibatterico e traspirante.
Re-Bello è un'azienda tessile fondata a Bolzano dall’idea di tre imprenditori giovani (Daniel Tocca, Daniel Sperandio ed Emanuele Bacchin) con lo scopo di progettare un vero fashion brand ecosostenibile, che si occupa di produrre abiti innovativi e di stile con tessuti naturali a basso impatto ambientale e attraverso processi produttivi ecosostenibili. La collezione viene prodotta utilizzando legno di faggio, da cui si ricava un tessuto morbido e setoso; il bambù, una pianta di notevole resa, da cui si ricava un tessuto di grande qualità, resistente, leggero e allo stesso tempo morbido; l’eucalipto, pianta che cresce rapidamente e senza bisogno di elementi chimici, da cui si ricava un tessuto morbido come seta, antibatterico ed anti-irritante, resistente come il poliestere, altamente traspirante ed assorbente, caldo d’inverno e fresco d’estate. Oltre alle fibre naturali, Re-Bello usa le fibre prodotte dal nylon rigenerato delle reti di pesca esauste e il pet newlife prodotto con un’innovativa tecnologia meccanica.
 
Rétro Eco À Porter’ è un brand di moda ecosostenibile nato nel 2010 dall’idea di Manuela De Sanctis per creare artigianalmente abiti femminili di qualità e alla moda, ed eco lingerie con tessuti biologici ed ecofriendly, scelti con passione presso piccoli tessutai italiani, e con tinture naturali atossiche. Gli abiti sono confezionati con le fibre derivanti dalla canapa, una pianta ad alta resa e in grado di bonificare e rendere più fertili i terreni dove viene piantata. Il tessuto derivante dalla canapa è termoregolatore, antibatterico, traspirante, resistente e protegge dai raggi UV; dal lino, tessuto molto morbido, flessibile e resistente; dal cotone organico, che presenta una morbidezza e una qualità superiore rispetto al cotone non organico, e dal bambù.
Tu&Tu è un’impresa tessile ecosostenibile fondata da Roberta Gentile nel 2011. Produce abbigliamento per donna secondo parametri ecologici e cruelty-free, e con grande attenzione all’estetica del prodotto. Sono utilizzate fibre tessili naturali aventi il minimo impatto sull’ambiente e Fair Trade. Per confezionare le sue collezioni, Roberta Gentile utilizza cotone e lino biologici certificati, fibra di bamboo, canapa, tessuti derivati da alghe, soia e proteine vegetali, eco-microfibre e imbottiture ottenute dal riciclo di materiali plastici.
 
Le altre aziende intervistate si sono specializzate nel riutilizzo di alcuni sottoprodotti agricoli per produrre tessuti e materiali eco-friendly come Orange Fiber di Adriana Santanocito ed Enrica Arena, Vegea di Gianpiero Tessitore ed Ananas Anam di Carmen Hijosa.  
 
Orange Fiber è una società tessile ecosostenibile, fondata da Adriana Santanocito ed Enrica Arena, le quali hanno brevettato e realizzato tessuti ecologici da sottoprodotti di agrumi, attraverso un innovativo processo di estrazione della cellulosa d’agrumi atta alla filatura. I filati di Orange Fiber vengono utilizzati nel settore dell’Alta Moda e Salvatore Ferragamo vi ha realizzato la collezione “Ferragamo Orange Fiber Collection” per la primavera-estate 2017.
 
Vegea è un'azienda ecosostenibile fondata da Gianpiero Tessitore che si occupa di produrre materiali vegetali innovativi, la Wineleather,  attraverso la trasformazione delle fibre contenute nelle bucce e nei semi dell’uva in pelle e materiali vegetali animal-free, con le stesse caratteristiche meccaniche, estetiche e sensoriali di una pelle. Per la sua ideazione, Gianpiero Tessitore ha vinto il Global Change Award 2017 indetto della H&M foundation, il concorso Internazionale più importante nell’innovazione del fashion business.
 
Ananas Anam è una società ecosostenibile fondata da Carmen Hijosa, l’inventrice di Pinatex, una pelle naturale, estremamente resistente e antibatterica, che deriva dalla lavorazione delle foglie d’ananas.
 
 
Conclusioni: a chi spetta rendere sostenibile il settore tessile
 
La sostenibilità dell’industria della moda è una questione che richiede una visione a 360° per essere affrontata in modo efficace. In questa visione, l’onere di rendere sostenibile il settore tessile spetta a tutti: alle Istituzioni, ai cittadini e alle aziende.
 
Le istituzioni dovrebbero approntare una legislazione in materia più restrittiva che favorisca le aziende tessili eco-sostenibili attraverso, ad esempio, l’introduzione dell’obbligo delle certificazioni e una tassazione più gravosa per le aziende tessili che non adottano misure eco-friendly.  Inoltre, le Istituzioni dovrebbero lavorare molto su due fronti: sul piano sociale, attraverso campagne di sensibilizzazione ed informazione in modo da educare la domanda e sul piano formativo, favorendo la ricerca universitaria e scientifica sul tessile eco-sostenibile.
 
Anche i consumatori possono fare molto. Potrebbero esercitare un grande potere ma per farlo devono prendere le distanze dalla fast fashion, assumendo un atteggiamento responsabile verso l’acquisto di pochi prodotti di qualità ma durevoli nel tempo.
 
Le aziende devono rimanere al passo con le richieste dei consumatori, innovando e portando sul mercato prodotti di qualità e a basso impatto ambintale.
Diventare sostenibili diverrà sempre più una necessità. Per tale ragione, è fondamentale che un maggior numero di aziende viri verso un’offerta soddisfacente dei prodotti eco-friendly. 

 

La Long Term Economy è un modello economico in grado di condurci verso questo nuovo modo di pensare. Scopri di più sulla Long Term Economy.

 Fonte: Tom Cridland (famoso per i suoi capi di abbigliamento con garanzia di 30 anni)

 
 
Grazia Giordano,
LTEconomy, 19 ottobre 2017
   
 
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